Emily Wolfe

Emily Wolfe ha scoperto la sua passione per la chitarra a soli 6 anni. Poi, al college, ha trovato il coraggio di farsi avanti come vocalist. Armata di microfono e chitarra elettrica, il potenziale creativo di Emily si è liberato. In questo episodio parliamo del suo nuovo fantastico album, Outlier, prodotto da Michael Shuman dei Queens of the Stone Age. Altri argomenti includono la reputazione della città di Austin come capitale della musica dal vivo, le NFT e altre potenziali tendenze future nel mondo della musica, le gioie del tour e altro ancora.

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Transcript

Evan Ball:
Ciao e benvenuti a Striking A Chord, il podcast di Ernie Ball. Sono Evan Ball. Oggi abbiamo come ospite Emily Wolfe, che ha appena pubblicato un nuovo album, intitolato Outlier, prodotto da Michael Schuman dei Queens Of The Stone Age. Parleremo di questo album, della città di Austin – la sua città natale – della vita in tour, delle tendenze del business musicale che potrebbero continuare anche dopo il COVID, dei token non fungibili e altro ancora. Signore e signori, Emily Wolfe.

Evan Ball:
Emily Wolfe, benvenuta al podcast.

Emily Wolfe:
Grazie. Grazie per avermi invitata.

Evan Ball:
Sei ad Austin, giusto? È anche lì che sei cresciuta?

Emily Wolfe:
Sì, sono nata in North Carolina, ma mi sono trasferita qui con la mia famiglia da piccola. Per cui sono cresciuta qui, e sì, la adoro. Non mi sono più spostata da allora.

Evan Ball:
Avrai visto qualche cambiamento, allora.

Emily Wolfe:
Oh mio Dio, assolutamente. È pazzesco. Sembra una città completamente nuova ogni cinque anni, si è moltiplicata, ma è bella. C’è tanta arte, molte persone in gamba, tanti volti amichevoli, insomma, sì.

Evan Ball:
Io ci sono stato circa 15 anni fa, e sono sicuro che oggi sia molto diversa, ma so che ha la fama di essere… credo sia la città che cresce più velocemente in America?

Emily Wolfe:
Ci credo. Di sicuro...

Evan Ball:
Ma ha anche la fama di essere una città adatta alla musica dal vivo. È stato un ambiente favorevole per te, in termini di opportunità per suonare dal vivo?

Emily Wolfe:
Sì, assolutamente. Ci sono tantissimi locali, tantissimi booking agent e promoter, ed è davvero una città fantastica se vuoi crescere come artista, ed è proprio quello che ho fatto. Anche adesso mi sento in evoluzione, ma allo stesso tempo, è qui che ho messo le radici. Ho potuto sperimentare stili diversi, ho iniziato come artista acustica per poi evolvermi in un trio elettrico. Per cui sì, è stato bellissimo, ci sono tantissimi artisti qui, e l’atmosfera è davvero fantastica.

Evan Ball:
Mi fa piacere sentire che Austin è all’altezza della sua reputazione. Mi sembra che oggi sia sempre più difficile trovare posti dove suonare dal vivo. Per tanti locali è difficile mantenere la musica live, quando magari in altri settori è più redditizio… ma è bello sentire che Austin resiste. Bene per Austin.

Emily Wolfe:
Sì. Tu da dove vieni? Da New York?

Evan Ball:
Da San Luis Obispo, California.

Emily Wolfe:
Ah, bello.

Evan Ball:
Sì. Sai dov’è?

Emily Wolfe:
No, però adoro la California.

Evan Ball:
Siamo proprio a metà strada tra Los Angeles e San Francisco, sulla costa.

Emily Wolfe:
Oh mio Dio. Fantastico.

Evan Ball:
È qui che produciamo tutti i nostri strumenti, chitarre elettriche e bassi. Mentre le corde e gli accessori sono prodotti giù a Coachella, in California.

Emily Wolfe:
Che figata.

Evan Ball:
Sì, è un posto stupendo. È una cittadina universitaria, piuttosto piccola, ma c’è molta vitalità. Le spiagge sono vicine, ci sono le montagne, e per essere un piccolo centro ha anche un centro cittadino molto vivace. È davvero piacevole.

Emily Wolfe:
Che meraviglia. Sì, sembra proprio un bel posto.

Evan Ball:
Chissà, magari passerai da queste parti presto, un giorno.

Emily Wolfe:
Sì, mi piacerebbe molto. Credo di dover fare un tour sulla West Coast nel primo trimestre del prossimo anno, quindi probabilmente sì.

Evan Ball:
Perfetto. Tornando un po’ indietro: che cosa è arrivato prima per te, il canto o la chitarra?

Emily Wolfe:
Sicuramente la chitarra. In realtà avevo troppa paura di cantare fino ai vent’anni. Non so perché, ma era una specie di fobia. Poi, durante l’università, ho attraversato inevitabili delusioni amorose, e quello mi ha aperto il mondo del canto e dell’espressione vocale. Ma sì, è iniziato tutto con la chitarra.

Evan Ball:
Hai iniziato a cantare come supporto alla chitarra? Tipo: “sarebbe più comodo se potessi cantare e suonare”? Oppure è stata una passione che si è sviluppata naturalmente?

Emily Wolfe:
Penso un po’ entrambe le cose. Avevo una band all’università e io ero la chitarrista. Eravamo io e una cantante. A un certo punto mi sono detta: “Forse potrei farlo da sola”. Così ho provato. E la mia compagna di band mi ha davvero incoraggiata. Quello è stato uno dei motivi che mi ha spinta a diventare una solista.

Evan Ball:
Beh, è un grande passo. Mi rivedo in quello che hai detto: con la chitarra mi sentivo abbastanza a mio agio, ma per cantare ho dovuto essere spronato. Era davvero fuori dalla mia comfort zone. Perché, per esempio, con la chitarra puoi guardare le dita e vedere se sei sui tasti giusti. Con la voce serve più concentrazione per essere sicuri di intonare bene. E poi c’è da pensare all’impianto audio, alla resa… ci sono tanti fattori.

Emily Wolfe:
Sì, esatto. Cantare è, secondo me, un po’ come suonare un basso fretless: ci sono così tante variabili, se sei calante, se sei crescente… è difficile. Ci sono meno “binari” da seguire, ecco.

Evan Ball:
I tuoi genitori suonavano strumenti o cantavano?

Emily Wolfe:
Non molto. Mia madre cantava in chiesa quando ero piccola, anche prima che nascessi. Ma a parte questo, non proprio. Avevo uno zio che suonava musica bluegrass, lui sì, è stato una certa influenza per me. Però…

Evan Ball:
E quindi, com’è che ti sei avvicinata alla chitarra?

Emily Wolfe:
Un giorno l’ho semplicemente vista. Ricordo che avevo cinque o sei anni, ero in un negozio con mia madre e mia sorella, e vidi una chitarra acustica Harmony giù per un corridoio. È stato un momento di rivelazione.

Evan Ball:
Cinque o sei anni, hai detto?

Emily Wolfe:
Sì, sì. Me ne innamorai subito.

Evan Ball:
E hai avuto quella chitarra?

Emily Wolfe:
Sì, l’ho avuta. Pregai mia madre di comprarmela. Ce l’ho ancora, in realtà.

Evan Ball:
Quindi non era una chitarra giocattolo? Era una vera chitarra su cui iniziare a imparare?

Emily Wolfe:
Era decisamente un giocattolo. Era tutta di plastica, ogni parte era in plastica. Non era certo uno strumento serio...

Evan Ball:
Proprio un modello base, insomma.

Emily Wolfe:
Sì, esatto. Però somigliava abbastanza a una vera chitarra. E io iniziai a suonarla – non bene, ovviamente – ma mi divertivo un sacco. Era come un gioco, suonare gli accordi, provare a tirar fuori qualcosa da quell’aggeggio. Poi la chitarra successiva fu una copia di una Stratocaster. E da lì è cominciata l’evoluzione fino a quella che uso oggi.

Evan Ball:
Hai continuato a suonare senza interruzioni fin da quando avevi sei anni?

Emily Wolfe:
Sì. Anche se... quando ho iniziato, ero davvero molto piccola. Pregai mia mamma di iscrivermi a lezioni, e lei mi portò da un insegnante più anziano. Lui mi disse che ero davvero negata. Mi disse: “Dovresti imparare a suonare la batteria.”

Evan Ball:
A che età è successo?

Emily Wolfe:
Avevo sei anni. Ero proprio una bambina. Comunque, lui mi insegnò un po’ di batteria, imparai qualcosa e mi piaceva, ma dentro di me volevo ancora suonare la chitarra. Così dissi a mia madre: “Non voglio più fare lezioni.” Feci solo una lezione. Poi ci trasferimmo in Texas, credo avevo otto anni, ed è lì che ripresi in mano la chitarra per affrontare il cambiamento e la nuova città.

Evan Ball:
Beh, la chitarra è dura per le dita di un bambino di sei anni... anche per quelle di un otto-enne! Ricordo che mio nonno cercò di insegnarmela a sei anni. Feci una lezione, poi disse a mia madre: “Non è pronto. È troppo presto.” Non avevo nemmeno la passione, credo. Ma soprattutto, era proprio difficile fisicamente.

Emily Wolfe:
Sì, anche per me era durissima. Cercavo di suonare una canzone e pensavo: “Ma come fanno gli altri a farlo?” Però continuai a provare, perché desideravo tantissimo riuscire a fare musica con quello strumento.

Evan Ball:
Avevi la determinazione. È fantastico che tu l’abbia sentita così presto.

Emily Wolfe:
Sì, non so perché, ma sentivo proprio un’attrazione per la chitarra. Volevo assolutamente imparare a suonare una canzone.

Evan Ball:
C’è stato un momento preciso in cui hai deciso: “Voglio fare della musica il mio lavoro”?

Emily Wolfe:
Sì. Durante l’università frequentai un corso estivo di ingegneria del suono, e il professore era davvero in gamba. Aveva uno studio. Io avevo iniziato a scrivere canzoni, e un giorno dopo lezione gli dissi: “Ehi, vuoi ascoltare questa demo? Suona malissimo, ma mi piacerebbe registrarla con te.” A lui piacque molto, così registrammo un disco acustico a casa sua. Lo pubblicai, e a livello locale andò molto bene. Credo sia stato in quel momento che capii: “Forse posso davvero provarci.” E da lì, quando prendo una decisione, è quella la mia direzione e basta.

Evan Ball:
Ottimo. Sì.

Emily Wolfe:
Quindi sì, da lì è stato un effetto valanga: prima i concerti locali, poi ho cominciato a farmi strada nell'industria musicale, e ora eccomi qui.

Evan Ball:
Quindi a quel punto scrivevi già brani tuoi, giusto? Almeno abbastanza per una demo. Erano originali?

Emily Wolfe:
Sì, erano dieci brani. Non avevo idea di come si registrassero, ma avevo un MacBook. Così andavo nell’armadio della mia stanza del dormitorio e registravo lì le voci. Suonava malissimo, ma a quanto pare si capiva comunque cosa volessi fare, quindi...

Evan Ball:
Ho sempre pensato che i microfoni interni dei Mac fossero abbastanza buoni.

Emily Wolfe:
Sì, è proprio quello che usavo [inaudibile]. Poi ovviamente ho fatto un upgrade, ora ho molta più esperienza e mezzi migliori, ma sì, ho iniziato a scrivere canzoni già al liceo. Poi all’università ho formato una band con la mia coinquilina e abbiamo iniziato a scrivere insieme. Quando il progetto si è un po’ spento, ho cominciato a scrivere materiale mio. Quindi sì.

Evan Ball:
Facciamo un piccolo passo indietro: com’era il liceo? Praticavi sport? Eri più portata per lo studio? Mi sembra di capire che non fossi ancora nelle band.

Emily Wolfe:
No, non facevo parte di nessuna band, anche se desideravo tantissimo entrarci. Facevo parte della marching band. Sì, ero una di quei ragazzi! Suonavo musica orchestrale e poi, tornata a casa, imbracciavo la chitarra. C’erano ragazzi nel mio liceo che avevano delle band, e io volevo entrarci disperatamente, ma ero troppo timida. Quindi...

Evan Ball:
Avevi bisogno di cambiare aria, di andare al college per far succedere le cose.

Emily Wolfe:
Esatto. Sai com’è, quando cresci sempre con gli stessi compagni, dalla quinta elementare fino all’ultimo anno, ti viene da pensare: "Non so se riesco ad aprirmi con queste persone." Quindi sì, una volta al college è stato lì che ho iniziato a trovare me stessa.

Evan Ball:
Hai menzionato un corso di registrazione. Era quello che stavi studiando?

Emily Wolfe:
In realtà no. Avevo trovato una scappatoia per frequentare quel corso estivo. Studiavo alla St. Edward’s University, che si trova a South Congress, ad Austin. È una piccola università cattolica. Io non sono cattolica, ma il campus mi piaceva moltissimo, era davvero una bella scuola. Studiavo comunicazione e materie generiche, ma avevo bisogno di un credito, e trovai questo corso pensando: “Forse può valere.” E ci riuscii: me lo convalidarono. Era un corso di ingegneria del suono, e desideravo davvero imparare. Credo sia stato un momento cruciale, sì.

Evan Ball:
Fantastico. A proposito di momenti o eventi decisivi, o di connessioni importanti... guardando indietro, ce ne sono alcuni che ti hanno spinta in avanti nella tua carriera musicale?

Emily Wolfe:
All’inizio, uno dei momenti più importanti, che ricordo vividamente, fu uno dei primi concerti fuori dal campus. Mi avevano messa in cartellone al Mohawk Inside, per aprire a una band che si chiamava Sucré. Credo che il batterista di quella band suonasse nei MuteMath. Ricordo che pensai: “Oh mio Dio, ce l’ho fatta!” È stato davvero emozionante. Era la prima volta che suonavo davanti a un pubblico che non fosse composto da miei compagni di scuola. Fu un momento decisivo.

Evan Ball:
Dal punto di vista della motivazione o per l’acquisizione di nuovi fan?

Emily Wolfe:
Direi per la motivazione. Fu una specie di euforia che non avevo mai provato. Mi si aprì un mondo e pensai: “Voglio ancora di questo. Voglio far parte di questo mondo.” Quindi sì, direi proprio quello.

Evan Ball:
Parleremo di questo nuovo album, ma fino ad ora avevi pubblicato la tua musica in autonomia, giusto?

Emily Wolfe:
Sì.

Evan Ball:
Anzi, parliamone subito. Per i nostri ascoltatori, l’album è già uscito — stiamo registrando il 3 giugno, ma il podcast andrà in onda a luglio, quindi per chi ascolta è già disponibile.

Emily Wolfe:
Fantastico.

Evan Ball:
C’è qualcosa che vuoi dire a riguardo? Il titolo, qualche dettaglio generale...

Emily Wolfe:
Certo. L’album si intitola Outlier ed è stato prodotto da Michael Schuman dei Queens Of The Stone Age, il bassista della band. Io li ho sempre amati, sono una grandissima fan, soprattutto del progetto parallelo di Michael, che si chiama Mini Mansions. Lui ha prodotto il disco e il processo produttivo è stato... creativo, diciamo. Era il periodo del lockdown, all’inizio del 2020, quindi abbiamo dovuto inviarci i file delle demo avanti e indietro per concludere la pre-produzione.

Questo disco rappresenta un cambiamento rispetto al mio album precedente del 2019, in cui ero più radicata nel blues rock. Stavolta volevo sperimentare, spingermi oltre i confini tra generi, unendo elementi synth moderni e campioni di batteria a strutture pop. Ovviamente, la chitarra rimane centrale, perché prima di tutto sono una chitarrista. Ho provato cose nuove e il risultato mi piace molto. Credo che sia venuto davvero bene.

Evan Ball:
Sì, è un gran bel disco. In realtà ho un link segreto...

Emily Wolfe:
Oh, wow!

Evan Ball:
Sì, l’ho ascoltato con piacere. Hai detto che hai spinto i confini, e c’è un forte elemento elettronico. Hai menzionato campioni di batteria, suoni fuzz molto prodotti... Quindi mi chiedo: se andassi a togliere gli strati, componi ancora con una chitarra acustica o elettrica? E in quale fase aggiungi tutti gli altri elementi? È qualcosa che nasce già in pre-produzione?

Emily Wolfe:
Ormai non scrivo più con l’acustica. Non sento più quel tipo di connessione. Penso sia perché la mia carriera si è evoluta così tanto grazie all’elettrica, che ormai è diventata la mia cifra stilistica. Quando voglio scrivere, prendo l’elettrica, la collego e vedo cosa viene fuori. Da lì parte tutto. Poi durante la pre-produzione strutturo meglio il pezzo e definisco i suoni di base che cerco. In studio, infine, rifiniamo tutto fino a ottenere esattamente quello che ho in mente.

Evan Ball:
Quindi all’inizio può trattarsi di un riff o di una melodia? Oppure componi direttamente con gli accordi su chitarra elettrica, e poi invii il materiale?

Emily Wolfe:
Di solito ho già qualcosa di piuttosto strutturato prima di mandare qualsiasi cosa. Mi piace avere almeno una strofa e un ritornello, e un’idea di base per ciascuno strumento. Faccio il massimo che posso in anticipo e poi invio.

Evan Ball:
Usi Logic?

Emily Wolfe:
No, in realtà uso PreSonus Studio One 5. È fantastico.

Evan Ball:
Hai un brano preferito nell’album?

Emily Wolfe:
Canzone preferita... Vediamo. Direi probabilmente My Lungs Give Out, quella...

Evan Ball:
È l’ultima dell’album?

Emily Wolfe:
Quella è...

Evan Ball:
Ah no, piace molto anche a me. Adoro la strofa, soprattutto la strumentazione nella strofa.

Emily Wolfe:
Oh, grazie. Non so, mi piace tantissimo suonarla dal vivo, e credo di essere davvero riuscita ad arrivare a un punto, con il testo, in cui ho detto quello che volevo senza dire più del necessario. E poi adoro anche la strumentazione; penso che Michael abbia aggiunto molto, ed è davvero divertente da suonare.

Evan Ball:
Sì, ha un’atmosfera fantastica. Abbiamo parlato del brano preferito, ma hai anche un momento preferito dell’album?

Emily Wolfe:
Sì.

Evan Ball:
Oh.

Emily Wolfe:
C’è un brano che si chiama Cover of Virtue — credo sia il secondo — e nella seconda strofa Michael e Keon, il ragazzo che ha mixato il disco, hanno avuto questa idea fighissima: far sembrare che il disco stia saltando, ma mantenendo il ritmo. Adoro quel passaggio. Ha davvero tanto carattere.

Evan Ball:
Fantastico! Lo riascolterò con attenzione allora. Penso di ricordarlo, sì, quello con cambi molto interessanti... Un gran bel ritornello, e poi va tipo in halftime o rallenta un po’, giusto?

Emily Wolfe:
Sì, è un po’ un delirio. Quando l’ho scritto pensavo: “Oh mio Dio, come faccio a...?” Avevo così tante idee che giravano attorno a quel pezzo nella mia testa. È stato un vero lavoraccio metterlo giù. Ma sì...

Evan Ball:
Molto bello. A me in genere piace quando un brano ha cambiamenti importanti.

Emily Wolfe:
Anche a me.

Evan Ball:
Com’è nata la tua collaborazione con Michael Schuman?

Emily Wolfe:
È stato un tentativo un po’ alla cieca. Eravamo in tour — io, il bassista e il batterista — e ascoltavamo Mini Mansions in macchina, credo stessimo andando in Ohio o giù di lì. E il mio bassista fa: “Ehi, hai mai pensato di chiedere a Michael Schuman di produrre il tuo prossimo disco?” E io: “È una gran bella idea. Magari posso vedere se il mio manager conosce qualcuno del suo entourage. Perché no? Tanto chiedere non costa nulla.”

Evan Ball:
Lui ha mai prodotto altri dischi, oltre ai suoi?

Emily Wolfe:
Solo i suoi, credo. Ha anche lavorato su colonne sonore e fatto session per altri artisti, ma niente produzioni vere e proprie, se non le sue. A me però piace tantissimo il lavoro di produzione sui dischi dei Mini Mansions. E allora Evan, il mio bassista, mi fa: “Beh, allora chiedi a Michael Schuman.” E così ho scritto al mio manager e lui mi ha detto: “Vediamo che posso fare.” E io: “Okay, so che è un colpo alla cieca, ma tentar non nuoce.”
E poi... Michael ha risposto!
Ricordo ancora che io e i ragazzi saltavamo di gioia nella stanza d’albergo quando ho letto l’email. Tipo: “Cavolo, ha funzionato davvero?!”

Evan Ball:
È fantastico. A questo punto, sorrido. Incredibile che tutto sia nato così, da un’idea.

Emily Wolfe:
Non si può mai sapere. Davvero.

Evan Ball:
Bellissimo. E per questo album, com’è il tour?

Emily Wolfe:
Sarà piuttosto esteso. Ho alcune date in Texas da qui a ottobre, quando inizierà il vero e proprio tour di un mese. Passeremo per il sud, poi saliremo lungo tutta la East Coast fino a New York, e faremo anche qualche data con Joan Jett.

Evan Ball:
Davvero? Alcuni concerti con Joan Jett?

Emily Wolfe:
Sì, sì. Sarà fantastico. Amo tantissimo andare in tour, e non poterlo fare è stato davvero devastante. Ora mi va bene qualsiasi cosa: datemi uno show, qualunque. Suonerei anche in un asilo nido, davanti ai bambini. Qualunque cosa capiti, prenotatela.

Evan Ball:
Cosa ti piace della vita in tour? Suppongo il fatto di suonare dal vivo...

Emily Wolfe:
C'è molto di più. Mi piace stare con la mia band. Non sono cresciuta con fratelli, quindi... abbiamo questa dinamica molto familiare, e ridiamo sempre. Adoro i viaggi insieme. Il mio batterista mette sempre su vecchia musica anni ’90 che mi ero persa, e ora la riscopriamo e diciamo: “Oh mio Dio, i Sugar Ray sono in realtà incredibili!”
E poi loro mi aiutano anche al banchetto del merchandising, durante i concerti. È bello, perché così il pubblico può incontrarli. È proprio una bella atmosfera, molto familiare: facciamo escursioni in alcuni posti e ci fermiamo in ogni ristorante messicano per provare i burritos.

Evan Ball:
Fantastico.

Emily Wolfe:
Sì, è davvero bello.

Evan Ball:
E la parte più dura?

Emily Wolfe:
La parte più dura è il carico e scarico della strumentazione. Suono spesso in locali dove non sono mai stata prima. Una volta siamo arrivati in un posto e c’erano solo scale, niente ascensore. Abbiamo dovuto trasportare tutta la nostra roba fino al secondo... no, al terzo piano!
Per fortuna i miei compagni di band sono forti, ma è stato tosto.

Evan Ball:
Un bello sbattimento, sì. Giorno dopo giorno.
Ok, ora qualche domanda a raffica. Se potessi andare in tour con qualsiasi artista o band, passato o presente, chi sceglieresti?

Emily Wolfe:
Oh mio Dio. Qualsiasi artista? I Kills. Li adoro.

Evan Ball:
Ok. Se potessi tornare indietro nel tempo, che consiglio daresti a te stessa a 20 anni?

Emily Wolfe:
Domanda bellissima. Direi: “Non paragonarti a nessuno. Non ne vale la pena. Segui la tua strada, perché ognuno ha un percorso diverso.”

Evan Ball:
E guardando al futuro: come ti piacerebbe che fosse la tua vita tra dieci anni?

Emily Wolfe:
Tra dieci anni...

Evan Ball:
O anche più avanti, se vuoi.

Emily Wolfe:
Sì. Vorrei avere un paio di Grammy all’attivo. Mi piacerebbe fare tour, idealmente suonare in arene ogni sera, e avere un paio di golden retriever a casa.

Evan Ball:
Wow. Suona bene.

Emily Wolfe:
Già, è quello l’obiettivo, credo. E un giorno mi piacerebbe produrre altri gruppi. Mi piacerebbe molto farlo più avanti.

Evan Ball:
Hai già dei golden retriever ora?

Emily Wolfe:
No. Ho un Australian Shepherd e un meticcio, che si chiama Otis, ma sì, sono fantastici.

Evan Ball:
Ok. Hai qualche incontro strano con dei fan che ti viene in mente?

Emily Wolfe:
Oh mio Dio. Penso di averne almeno uno a ogni concerto. Vediamo... Un episodio che ricordo è quando una volta un tipo è venuto al banchetto del merchandising e non ha comprato niente, non ha nemmeno salutato. Mi ha solo guardata e ha detto: “Dovresti guardare di più il pubblico.” E se n’è andato. E io tipo: “Ah, ok, grazie.” Cioè, no, non volevo sentirlo. È stato strano.

Evan Ball:
Più che un fan, sembrava un mentore.

Emily Wolfe:
Solo un tipo critico, direi. Ho pensato: “Va bene, amico.” Era strano, ma per il resto...

Evan Ball:
Beh, tutto sommato è ancora accettabile. Ok, concerto migliore o peggiore della carriera?

Emily Wolfe:
Il migliore è stato al Cajun Dome con Heart e Joan Jett. È stato lo show più grande della mia vita, un’arena piena. È stato… mamma mia, sono rimasta su quell’euforia per settimane.

Evan Ball:
In che città era?

Emily Wolfe:
A Lafayette, credo. Dove si trova il Cajun Dome, insomma.
Quanto al peggiore... ce ne sono tanti agli inizi. Ma una volta ho suonato sopra una vasca idromassaggio in un hotel — cioè, il palco era montato sopra l’idromassaggio.

Evan Ball:
Aspetta, fammi immaginare. Era tipo a due metri d’altezza, con lo spazio libero sotto?

Emily Wolfe:
Esatto.

Evan Ball:
E c’erano persone dentro la vasca?

Emily Wolfe:
No, erano in piscina a bere cocktail. Era in un hotel di Dallas ed era... proprio fuori contesto. Credo che la gente pensasse: “Che ci fa una band qui?” Nessuno sapeva che ci sarebbe stata musica live.

Evan Ball:
Ah ok. Quindi un’atmosfera imbarazzante.

Emily Wolfe:
Sì, davvero tanto. Molto imbarazzante.

Evan Ball:
Ok, vediamo... Se non potessi suonare musica, quale lavoro ti piacerebbe fare? Ti è mai capitato di pensare: “Oh, sarebbe bello, se avessi tempo, fare questo”?

Emily Wolfe:
Sì. Farei l’elettricista. Lo adoro. Adoro quel genere di cose.

Evan Ball:
Sei un’elettricista amatoriale in casa?

Emily Wolfe:
Sì. Quelle cose lì... adoro saldare, smontare i pedali e guardare: “Cosa fa questo condensatore? A cosa serve questo trasformatore…” cose così. Quindi sì, credo che mi piacerebbe andare a scuola per diventare elettricista.

Evan Ball:
Fantastico. Da dove nasce questa passione?

Emily Wolfe:
Non lo so.

Evan Ball:
Hai avuto esperienze meccaniche da piccola?

Emily Wolfe:
Beh, mio padre lavorava spesso nel suo laboratorio e trovava modi creativi per risolvere problemi elettrici o qualsiasi altra cosa. Penso che possa avermi influenzata. Ma a un certo punto ho iniziato ad aprire i pedali e guardarli dentro, cercando di capire come generassero certi suoni. Credo sia stato circa sette anni fa, quando ho cominciato a farlo. E me ne sono innamorata.

Emily Wolfe:
Da lì ho iniziato a costruire i miei microfoni. Non sono certo roba che si potrebbe vendere, ma è divertente. Alcuni li ho anche realizzati usando dei piccoli speaker, e in effetti li ho usati su alcuni miei brani passati. È fantastico. Trovo incredibile che si possa collegare una chitarra a una scatoletta e ottenere un suono capace di ispirare una canzone, che a sua volta può toccare la vita di qualcuno. È davvero affascinante per me.

Evan Ball:
Magari in quest’altra vita parallela potresti usare le tue competenze per fondare un’azienda di pedali. Sarebbe bello.

Emily Wolfe:
Sarebbe fantastico. Forse lo farò, sì.

Evan Ball:
Ok. Qual è la tua canzone più popolare?

Emily Wolfe:
Credo sia Atta Blues, che ho fatto nel 2014. Quella canzone è molto speciale per me. Avevo attraversato un periodo difficile prima di scriverla, c’erano molte cose in ballo nella mia vita. Poi ho rimesso il focus sulla musica e ho suonato tutti gli strumenti io. È stato davvero divertente registrare la batteria per quel brano.

Evan Ball:
Ti sei mai chiesta perché proprio quella sia la più popolare? Hai qualche teoria?

Emily Wolfe:
Me lo chiedo spesso, anche perché credo di avere brani migliori altrove. Ma sono contenta che piaccia. Forse è per il riff o per quel sound bluesy della chitarra... Non so. Comunque sono felice che la gente la apprezzi.

Evan Ball:
Hai delle previsioni per questo nuovo album? Secondo te, tra un anno, quale sarà il brano più apprezzato?

Emily Wolfe:
Me l’hanno detto in tanti che No Man è “quella giusta”. Non so se la penso così anch’io. Forse Vermilion Park o My Lungs Give Out saranno quelle che si faranno notare, ma in genere sono storicamente pessima nel fare queste previsioni... quindi chissà. Direi una di queste tre.

Evan Ball:
Beh, ora le tue previsioni sono registrate. Vedremo. Ultima domanda: secondo te, come sarà cambiato il music business fra dieci anni?

Emily Wolfe:
Wow.

Evan Ball:
Puoi anche passare la domanda, se vuoi.

Emily Wolfe:
No, voglio provare a rispondere.

Evan Ball:
Ok, fantastico.

Emily Wolfe:
Vediamo… Durante il COVID, il live streaming è diventato una cosa importante, e ho la sensazione che i concerti verranno trasmessi in streaming anche quando torneranno ad avere il pubblico in sala. Mi chiedo se stiamo andando verso un mercato di quel tipo.

Evan Ball:
Tipo potenziare le entrate vendendo biglietti anche a chi non può essere fisicamente lì?

Emily Wolfe:
Esatto. Mi chiedo se diventerà una pratica comune. Forse sì. Anche perché la gente trova sempre nuovi modi per monetizzare la musica. Il mercato cambia continuamente… tipo con il fenomeno degli NFT. Hai sentito parlare degli NFT?

Evan Ball:
Sì, sono legati alla blockchain… Non è che ci abbia capito molto, ma so di cosa si tratta.

Emily Wolfe:
Anch’io li capisco solo in parte, è tutto molto strano… ma anche geniale in un certo senso. Quindi non lo so, vedremo come andrà.

Evan Ball:
In pratica la gente compra proprietà digitali o contenuti digitali, giusto?

Emily Wolfe:
Esatto.

Evan Ball:
Quindi tipo… forse riesci a spiegare meglio di me come funziona?

Emily Wolfe:
Sì, anche se non sono un’esperta. Ma da quel che ho capito, se io volessi creare un NFT, potrei registrare una versione acustica del mio brano Something Better e renderla disponibile solo come NFT, quindi introvabile altrove. E potrei metterla in vendita su una piattaforma…

Evan Ball:
Ecco, quello che non capisco è: cos’è esattamente l’NFT? Non è solo un file, tipo un MP3?

Emily Wolfe:
Sì, in effetti è solo un file. Non so bene dove si carichi, ma in pratica qualcuno può comprarlo per 10 dollari, e diventa sua proprietà. Poi quella persona può rivenderlo a qualcun altro – poniamo a 20 dollari – e io riceverei comunque una percentuale sulla rivendita. E questo processo può andare avanti, con ulteriori vendite, mentre io continuo a ricevere una parte di ogni transazione. E alla fine è solo un file…

Evan Ball:
Ma quindi cosa possiedono esattamente? Una versione originale del mix? Cioè, uno potrebbe anche copiare la canzone, no? Sto cercando di capire in cosa sta la differenza…

Emily Wolfe:
Credo che la differenza stia proprio nella criptatura: è crittografato in modo che non lo si possa condividere liberamente. Lo puoi possedere solo se lo compri. Almeno credo sia così.

Evan Ball:
C’era quel famoso caso di una GIF venduta come NFT… e io mi chiedevo: “Che senso ha?” Quella GIF gira comunque su tutto internet. La gente può trovarla ovunque… Ma a quanto pare chi l’ha comprata possiede l’originale, quello creato dall’autore?

Emily Wolfe:
Sì, credo sia proprio l’originale, almeno così penso. Però ripeto, non sono un’esperta.

Evan Ball:
È interessante comunque: questo nuovo concetto di possedere momenti che sono accaduti. Tipo, ho sentito che vogliono vendere… non so, un famoso gol in una partita di calcio.

Emily Wolfe:
È pazzesco. Sembra un episodio di Black Mirror. Sì, è assurdo. Vedremo cosa succederà, immagino.

Evan Ball:
Sì, dovrò fare un po’ di ricerche. Allora, c’è qualche abitudine che hai acquisito durante il COVID e che pensi di mantenere?

Emily Wolfe:
Credo che le sessioni di scrittura via Zoom, all’inizio, fossero terribili. Ma dopo un po’ ho pensato: “Wow, questo elimina tante complicazioni logistiche”. Posso scrivere con qualcuno a New York via computer, senza dover spendere un sacco di soldi per andarci di persona. Alleggerisce molto anche dal punto di vista economico. Quindi sì, penso che continuerò a scrivere in co-writing su Zoom.

Evan Ball:
Ha senso. È lo stesso per questo podcast. All’inizio li facevo tutti di persona, poi è arrivato il COVID, e ora… è molto più semplice. Tanta gente è più disponibile a connettersi via Zoom. Non devo più fare un’intera giornata di viaggio fino a Los Angeles. Quindi sì, è qualcosa che è rimasto. Ok, pronti per il gran finale: corde per chitarra preferite?

Emily Wolfe:
Slinky Cobalt.

Evan Ball:
Perfetto, ci piace! Usi le 010?

Emily Wolfe:
Dieci, esatto.

Evan Ball:
Ok, fantastico.

Emily Wolfe:
Una volta usavo le corde nickel tradizionali, perché mi piaceva molto il sustain. Poi qualcuno mi ha scritto chiedendomi: “Hai mai provato le Cobalt?”. Io ho detto di no. Le ho provate e… suonavano meglio, erano più potenti, ma allo stesso tempo avevano una sensazione al tatto migliore. Era tutto di un altro livello. Non le ho più cambiate. Le uso da tipo sei anni ormai.

Evan Ball:
Grandioso. Emily Wolfe, grazie per essere stata con noi al podcast.

Emily Wolfe:
Grazie a voi. Davvero bello essere qui.

Evan Ball:
Grazie per aver ascoltato Striking a Chord, il podcast di Ernie Ball. Grazie a Emily Wolfe e complimenti per il nuovo album!
Se volete contattarci, scrivete a [email protected].

Emily Wolfe:
Sì, cioè...

Evan Ball:
In realtà ti stai bloccando...

Emily Wolfe:
Ma sono contenta di aver avuto un po’ di tempo per scrivere un disco… Oh, cavolo.

Evan Ball:
Ecco perché abbiamo spento il video. A quanto pare, sì, aiuta davvero con l’audio.

Emily Wolfe:
Già.